Con la nuova riforma delle pensioni ci potrebbe essere un’uscita flessibile a 62 anni senza penalizzazioni.
La proposta arriva dal sindacato Uil e si basa sul confronto tra gli scivoli di pensionamento anticipato attivi in Italia e quelli di altri Paesi europei. La nostra nazione non solo ha l’uscita più lontana nel tempo – 67 anni – ma penalizza eccessivamente chi vuole andare via prima dal mondo del lavoro.

La Uil ha chiesto al Governo l’apertura di un tavolo di lavoro per tornare a parlare di pensioni. Il traguardo dei 67 anni in Europa oltre l’Italia lo hanno solamente Grecia, Paesi Bassi e Danimarca. Con l’aumento dell’aspettativa di vita, poi, ci sarà un innalzamento dell’età di pensionamento di tre mesi in tre mesi arrivando ai 70 anni nel 2060.
I giovani di oggi risultano particolarmente svantaggiati soprattutto perché il sistema di calcolo contributivo renderà un’eventuale uscita anticipata dal mondo del lavoro ancora più svantaggiosa. Tra limitazioni, stipendi non elevati, precarietà del lavoro con un numero di contribuzione basso si prevedono assegni da fame soprattutto riducendo il coefficiente di trasformazione se si va in pensione in anticipo. Insomma le previsioni sono pessime e le condizioni attuali non sono certo migliori.
La proposta Uil di pensionamento a 62 anni
Uno scivolo flessibile che permetterebbe ai lavoratori di andare in pensione a 62 anni senza penalizzazioni e tagli sull’assegno. Questa la proposta di Uil per alleggerire il peso che grava sui giovani, quel timore di non poter godere a pieno della vita da pensionato sia per una questione anagrafica che economica. Il taglio piuttosto che sull’assegno dovrebbe essere sulle restrizioni imposte per accedere agli scivoli di pensionamento.

Uil, infatti, chiede che oltre alla misura strutturale della pensione a 62 anni vengano anche riconsiderati i requisiti di accesso ad Opzione Donna. Solo tre categorie di lavoratrici tra le beneficiarie e 61 anni di età per chi è senza figli sono limitazioni aggiunte da pochi anni che restringono eccessivamente la platea delle donne che possono richiedere Opzione Donna. Il sindacato chiede un ritorno alle origini quando c’erano meno condizioni ossia la possibilità per tutte le lavoratrice di uscire prima dal mondo del lavoro e senza distinzione per numero di figli ma solo per la tipologia di lavoro (58 anni le dipendenti e 59 le autonome).
La proposta sarà ascoltata dal Governo? Ci sono le risorse per un tale intervento strutturale? Lo scetticismo è comprensibile considerato come ci sia la spinta per i lavoratori di rimanere a lavoro. Pensare che venga cancellata Quota 103 e introdotta una forma di pensionamento flessibile, strutturale e senza penalizzazioni sembra utopistico.