Assicurazioni: tante clausole sono nulle ma adesso non ti fregano più

Clausole nulle delle assicurazioni, la questione indennizzabilità è tornata all’attenzione della Suprema Corte.

I prodotti sulla vita prescritti sono al centro della recente pronuncia numero 14029 del 2025 della Suprema Corte. La nuova sentenza differisce da una precedente emessa nel 2018. A partire da vicende similari si è arrivati a conclusioni diverse, anzi completamente opposte.

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Assicurazioni: tante clausole sono nulle ma adesso non ti fregano più (Casamatti.it)

La questione indennizzabilità è stata affrontata in due pronunce con conclusioni totalmente differenti. Eppure le vicende oggetto di studio erano molto simili. I beneficiari di assicurazioni sulla vita che hanno chiesto il pagamento dell’indennizzo si sono visti respingere in appello – dopo la vittoria in primo grado – le domande a causa delle prescrizione del diritto alla liquidazione.

Nella prima pronuncia, quella del 2018, Il ricorso dei beneficiari è stato respinto per il principio secondo il quale il rispetto dei canoni di correttezza e buona fede (articolo 1175 del Codice Civile) non stabilisce che le Compagnie debbano obbligatoriamente comunicare ai beneficiari la scadenza del diritto del credito a causa delle prescrizione. Questa pronuncia è stato il riferimento per tutte le sentenze degli anni successivi. Ricordi negati ai titolari delle polizze prescritte senza avviso da parte della compagnia assicurativa. Nel 2025, però, è arrivata una pronuncia completamente opposta.

La pronuncia sulla prescrizione dell’indennizzo delle polizze assicurative

Il 26 maggio 2025 è arrivata l’ordinanza numero 14029 a cambiare totalmente le carte in tavola. La Corte ha preso una decisione opposta alla pronuncia del 2018 ragionando in modo diverso sulle richieste di ricorso per la malafede della Compagnia nel non comunicare all’assicurato l’imminente scadenza dei termine di prescrizione.

Martelletto giudice
La pronuncia sulla prescrizione dell’indennizzo delle polizze assicurative (Casamatti.it)

La Suprema Corte è partita da un presupposto, la clausola presente nel contratto indicante 10 anni come termine di prescrizione è nulla. Ha di conseguenza stabilito che secondo i principi di correttezza e buona fede il testo contrattuale dovesse unilateralmente predisposto dall’assicuratore ed essere interpretato nel modo più favorevole per il consumatore. Respingere i ricorsi dei clienti ha significato non avere tenuto conto della clausola del contratto assicurativo che impone gli obblighi informativi verso il contraente qualora avvengano modifiche normative che incidono sulle condizioni contrattuali.

Aver ridotto la prescrizione da 10 anni a 2 anni è un cambiamento contrattuale rilevante, tanto da dover informare subito il cliente della modifica. Ecco perché la Corte facendo riferimento al Codice di Consumo ha sottolineato come si debba intendere ingannevole una pratica commerciale che fornisce indicazioni non corrispondenti al vero o tali da portare il consumatore medio in errore. La modifica della prescrizione senza avvisare il titolare della polizza è un atto ingannevole, un inadempimento contrattuale che dà diritto al consumatore ad un risarcimento danni. Da qui il ricorso accolto dei richiedenti nella seconda pronuncia.

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